Eurovita, cosa fare adesso per riscatti e polizze?
Redazione FR
20-11-2023 — 09:42
Gli ex clienti della compagnia indecisi se darsi alla fuga, ora che dopo quasi un anno è possibile, oppure restare sotto l’ombrello di Cronos
Il salvataggio è andato in porto, ma molti clienti titolari di polizze ex Eurovita si chiedono che cosa fare adesso, se procedere con i riscatti – ora che finalmente è possibile disporre liberamente del proprio investimento – oppure se restare sotto l’ombrello di Cronos, il veicolo creato dalle big assicurative Intesa Vita, Poste Vita, Generali, Allianz e Unipol.
Una ricostruzione pubblicata oggi dall’inserto Affari & Finanza di Repubblica fa il punto della situazione sulle polizze ex Eurovita Assicurazioni con l’ausilio di Giuseppe Corvino, docente di Economia degli intermediari finanziari all’Università Bocconi. Vediamo.
La domanda che riguarda i clienti ex Eurovita è appunto cosa fare e se conviene liquidare la polizza oppure mantenerla fino alla scadenza.
Intanto una cosa è certa, scrive il giornale, e vale per tutti. Cronos è controllata dai cinque big delle assicurazioni in Italia, e dunque non c ‘è più quello che tecnicamente viene definito “rischio di controparte”, nessun fallimento è ragionevolmente possibile con questa struttura azionaria. Il che dovrebbe dar tempo a ciascun cliente di valutare il proprio caso con calma. Gli assicurati di Cronos sono adesso esattamente come i clienti di ogni solida compagnia presente sul mercato.
A livello generale, però, proprio quest’anno c’è stata un’onda anomala di riscatti quale raramente si era vista, tanto che la raccolta netta delle polizze vita è stata negativa fino ad oggi – come ha ricordato il presidente dell’Ania Maria Bianca Farina – per circa 15 miliardi. Il che significa che molti italiani, di fronte ai tassi d’interesse alti che offrono adesso i Btp, ben oltre il 4%, hanno deciso di vendere polizze vita che danno un rendimento basso, 1, 2 o 3% nel migliore dei casi per le polizze più vecchie. Ma la scelta se riscattare una polizza o meno dipende da molti fattori.
“A parità di rischio di controparte, la prima cosa da vedere è, nel caso di polizze rivalutabili di Ramo I (che valevano 10 miliardi in Eurovita, ndr) qual è questo minimo garantito”, spiega il professor Corvino. “Se è relativamente alto, meglio tenersi la polizza, il cui valore non è volatile come quello dei titoli obbligazionari di pari scadenza”.
C’è poi da vedere in ogni singolo caso, prosegue l’inserto di Repubblica, se il contratto prevede penalizzazioni in uscita. In generale le polizze di Eurovita avevano poche o nessuna penalizzazione; ma non è detto, perché la compagnia era cresciuta con diverse acquisizioni e quindi c’erano all’interno contratti diversi. La mancanza di penalità all’uscita sembra comunque essere un tratto caratteristico dell’Italia, più che di altri Paesi europei, come dimostra uno studio dell’Eiopa di qualche anno fa. E questo è un danno per le compagnie, che approntano programmi di investimento a lungo termine che possono essere mandati all’aria da riscatti anticipati.
“Ma può essere un danno anche per i clienti con orizzonti di investimento di lungo termine, che potrebbero non beneficiare dei premi di illiquidità che una strategia di investimento “paziente” potrebbe offrire”, osserva Corvino.
Per quanto riguarda le polizze di Ramo III, essendo composte da fondi d’investimento, prosegue la ricostruzione di stampa, l’unico elemento da valutare è se vale la pena riscattarle nel caso si sia in perdita, essendo il loro rendimento collegato all’andamento dei mercati finanziari.
Un altro fattore che rende più complicata la scelta è il caso in cui un cliente abbia polizze “miste”, cioè con un po’ Ramo I e un po’ Ramo III (l’Ivass non dà questo spaccato per Eurovita).
Infine, le polizze Eurovita erano quasi tutte a premio unico, il che significa che incorporano “commissioni di caricamento” (di entrata) già pagate per i 10-15-20 anni di durata. Riscattando dopo 3-4 anni, l’incidenza sul rendimento totale è superiore.