Finanzareport.it | Intimazione di pagamento: cosa succede se non paghi? - Finanza Report

Ven 19 Aprile 2024 — 15:21

Intimazione di pagamento: cosa succede se non paghi?



Chiariamo tutti gli aspetti su questo tipo di atto. Ecco come funziona in dettaglio

intimazione di pagamento

Quando si legge “intimazione di pagamento” dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione è difficile rimanere tranquilli, per ovvie ragioni.

In quest’articolo chiariamo tutti gli aspetti su questo tipo di atto. Vediamo nel dettaglio.

Intimazione di pagamento: di cosa si tratta

L’intimazione di pagamento è generalmente contenuta in un avviso che va notificato al contribuente, entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, qualora l’espropriazione forzata non sia ancora cominciata. Difatti, con un avviso di questo tipo non si fa altro che intimare al contribuente di pagare il proprio debito entro cinque giorni.

Da precisare che quest’avviso non può risultare valido qualora sia trascorso almeno un anno dalla data di notifica: qualora l’ente riscossore intenda quindi procedere all’espropriazione forzata sarà necessario un’ulteriore notifica dell’avviso.

Intimazione di pagamento: cosa accade se non si paga?

La domanda più che lecita è: se non si paga il proprio debito dopo l’intimazione di pagamento, cosa succede? Qualora non si proceda al pagamento entro i termini indicati, allora le somme dovute vengono iscritte a ruolo, ovvero un elenco che contiene i nominativi precisi dei debitori ordinati per tipologia di credito. Ovviamente sono anche indicate le somme dovute da ogni debitore.

È proprio l’ente creditore che forma il ruolo e trasmette, poi, all’Agenzia delle Entrate le informazioni; quest’ultima provvede ad elaborare e poi notificare la cartella di pagamento utile alla riscossione delle somme.

Se neanche dopo la ricezione della cartella esattoriale viene effettuato il pagamento (entro i 60 giorni previsto o i 180 giorni, in casi specifici), allora l’Agenzia delle Entrate può avviare procedure cautelari e conservative nei confronti del debitore e dei suoi coobbligati: parliamo di fermo amministrativo dei beni mobili registrato o ipoteca. Altra possibilità da parte dell’Ente è quella di attivarsi con una esecuzione forzata del recupero coattivo del credito, in base al ruolo il quale costituisce titolo esecutivo (quindi, pignoramento di beni mobili, immobili o crediti).

Come qualcuno già saprà, in caso di mancato pagamento della cartella esattoriale nei termini previsti o sulle somme iscritte a ruolo, saranno dovuti anche gli interessi di mora maturati ogni giorni dalla data di notifica (questi vengono stabiliti annualmente tramite Provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate).

Come attivarsi contro l’intimazione di pagamento?

È possibile, però, attivarsi contro l’intimazione di pagamento. Si può effettuare un ricorso al Giudice o alla Commissione tributaria se sono presenti dei vizi invalidanti. Per esempio, se le somme intimate sono state già versato oppure se si fa riferimento ad atti che un giudice ha già annullato.

Va da sé che l’intimazione di pagamento deve sempre permettere al contribuente di capire le ragioni della pretesa e concedergli poi le informazioni utili affinché esso possa difendersi come stabilisce la legge. Con una sentenza del 2020 (la numero 3281), la Corte di Cassazione ha stabilito che l’intimazione deve sempre indicare alcune informazioni specifiche, altrimenti è considerata nulla.

Parliamo di modalità e termine con cui è possibile ricorrere in caso di atti impugnabili; l’ufficio presso il quale è possibile ottenere altre informazioni; l’organo o l’autorità amministrativa presso cui è possibile promuovere un riesame in sede di autotutela oltre che il computo di interessi con riferimento al tasso applicato e al metodo di calcolo utilizzato.

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