Il Lago di Como nell’arte della fotografia narrativa
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16-02-2025 — 08:00
Intervista a Luca Rajna, “Lake Como photographer”

Trasformare un servizio fotografico in un racconto è l’arte in cui Luca Rajna, diplomato in fotografia al CFP Bauer di Milano, ha saputo distinguersi a livello internazionale nel mondo della fotografia.
Luca Rajna nel 2024 ha ottenuto per due volte un riconoscimento dalla International Action Art – UNESCO per i suoi due nuovi progetti di fotografia narrativa, entrambi pubblicati in forma di libro.
Il primo progetto, “The Faerie Tale of Venice and the Incense Trade Route” è stato realizzato con il patrocinio dei Ministeri della Cultura, Sport e Gioventù del Sultanato dell’Oman e della Ambasciata Italiana in Oman, l’altro progetto “The Legend of Areca and the Lost Manuscript”, ispirato alla Via della Seta e con Marco Polo tra i protagonisti, è stato commissionato dal Consolato Generale d’Italia in Vietnam.
Ex musicista – ha tenuto concerti di musica antica dal 1982 (esordio a Neuchatel all’età di sedici anni) al 1996 – oltre che come fotografo fine art, Rajna ha oggi la propria specializzazione come fotografo narrativo per servizi di coppia e famiglia; è di questo che parlerà l’intervista.
Anche qui una particolarità: ha smesso di viaggiare e si è specializzato come fotografo locale tra le acque del Lago di Como e quelle dei canali di Venezia, i due luoghi in cui vive.
La particolarità del suo stile si fonda sull’abilità di coordinare il servizio fotografico per creare un racconto; ogni immagine diventa così parte di una storia che, nel caso del Lario, il Lago di Como, si sviluppa tra ville storiche, panorami perfetti e borghi millenari.
In questa intervista esclusiva, parliamo con Luca Rajna proprio in qualità di fotografo del Lago di Como, non solo di princìpi fotografici ma anche di cosa serva sapere prima di visitare il lago ed eventualmente commissionare il servizio fotografico.
Cosa distingue un progetto di fotografia “narrativa” da un servizio fotografico generico?
La fotografia narrativa (spesso citata in inglese come “storytelling photoshoot” o “narrative photography”) eleva il servizio fotografico oltre la semplice esecuzione di immagini, trasformandolo in un racconto coordinato e strutturato.
Non si tratta più di un semplice insieme di belle fotografie, ma di una narrazione accuratamente progettata attraverso sequenze di immagini interconnesse.
In questo approccio, i soggetti diventano gli “eroi” protagonisti di una storia che si sviluppa attraverso l’interazione con il paesaggio e l’architettura circostanti. Questa tecnica si rivela particolarmente efficace sui social media, dove la sequenzialità, come nei caroselli di immagini, permette di apprezzare appieno un progetto narrativo. E’ un valore in più, a beneficio dei clienti risiede proprio nella maggiore profondità emotiva e nel significato più ampio che questo tipo di servizio fotografico riesce a trasmettere.
Abbiamo citato nell’introduzione Como e Venezia. Perché la scelta di queste due località?
Il mio legame con Como, pur essendo originario del Piemonte, risale alla mia gioventù. È una scelta di vita che non cambierei: abbiamo il lago più bello d’Italia. Venezia invece è entrata nella mia vita attraverso la mia passione per la musica antica si è consolidata definitivamente quando, a ventisette anni, ho sposato una veneziana. Oggi quando lavoro in laguna dormo “a casa” e vivo la città come una persona del posto: la mia famiglia è bilingue, italiano-veneziano, e di Venezia conosco ogni angolo.
Al di là del mio legame personale con il Lago di Como e con Venezia, ciò che davvero conta per i clienti è l’enorme valore della specializzazione di chi è locale. Nella fotografia narrativa, la conoscenza approfondita del territorio è fondamentale ed è all’opposto del ruolo del cosiddetto ‘destination photographer’, che viaggia e fotografa ovunque, come facevo io stesso in passato.
Un esempio che amo citare spesso viene da un mio collega scozzese che seguo perché ottimo fotografo; noto un servizio di coppia sul Lago di Como pubblicato nel suo blog e vedo splendide immagini scattate in una villa per poi proseguire lungo una antica scalinata. La sequenza di immagini finisce in fondo alla scalinata, dove effettivamente sembrava terminare il percorso più scenografico. Non essendo locale, questo mio collega non poteva sapere che se solo avesse continuato girando l’angolo, avrebbe scoperto un tratto di strada medievale, forse addirittura di epoca romana, che attraverso un suggestivo lungo sottoportico illuminato da due lucernai conduce al lago rivelando molti altri scenari di eccezionale bellezza che nel suo caso non sono stati utilizzati.
Analogamente, a Venezia osservo fotografi non locali in difficoltà, specialmente se stranieri, spaesati tra la presenza della folla e il labirinto di calli nelle quali Google Maps sbaglia e confonde i luoghi. La semplice soluzione sta nel conoscere in anticipo i percorsi giusti e anche in questo caso nel saper girare l’angolo quando serve: io ho studiato almeno due itinerari fotografici di qualità per ogni sestiere, con diverse varianti, che permettono di scattare in qualsiasi ora e giorno dell’anno senza dover anticipare l’alba per evitare le folle di turisti.
La testimonianza di Rajna mette in luce un aspetto fondamentale della fotografia professionale contemporanea: il valore della autorialità legata al territorio. In un’epoca in cui è facile viaggiare, la tecnologia permette di scattare ovunque e il trend dei “destination photographer” sembra dominante, emerge con forza il valore aggiunto di chi conosce intimamente i luoghi che fotografa, di chi ha quella consapevolezza profonda che permette di rivelare l’anima autentica di un territorio, elevando la qualità di ogni servizio fotografico a racconto unico e difficilmente imitabile.