Finanzareport.it | Di Maio si tiene l'euro, Berlusconi abolirà il Jobs Act - Finanza Report

Gio 25 Aprile 2024 — 13:11

Di Maio si tiene l’euro, Berlusconi abolirà il Jobs Act



Se il M5S si modera sull’Europa, il leader forzista attacca le leggi sul lavoro, ma senza voler tornare al passato. I leader si posizionano, con qualche colpo di scena

Manca ormai solo un paio di mesi alle elezioni politiche e i principali leader di partito cominciano a sfoderare il loro arsenale di proposte, spesso inerenti le questioni economiche che affliggono il paese. Certamente spicca la posizione sull’euro espressa in queste ultime ore dal candidato premier del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, che correggendo il tiro dopo anni di critiche feroci alla moneta unica europea, afferma ora: “Non credo sia il momento di uscirne, anche perché l’asse franco-tedesco non è più così forte. Il referendum sull’euro è un’extrema ratio che spero non ci sia”. Resta però fermo nel condannare i parametri imposto dall’Unione Europea del 3% sul rapporto debito/Pil, secondo M5S da sforare perché “occorre fare investimenti”.

L’almeno parziale ripensamento di Di Maio sull’UE e la moneta unica potrebbe essere dovuto all’osservazione della difficoltosa esperienza britannica della Brexit, che nel caso di un’uscita dell’Italia dall’euro sarebbe ancora più complicata. Oppure alla necessità di tranquillizzare gran parte dell’elettorato, timoroso che i Cinque Stelle siano destabilizzanti. Del resto, pure sul reddito di cittadinanza, da sempre uno dei cavalli di battaglia del movimento fondato da Beppe Grillo, Di Maio allenta i toni, definendolo ora “temporaneo” per togliere migliaia di famiglie dalla povertà.

Nel frattempo, il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi si scaglia invece contro il Jobs Act governativo, sostenendo che si è rivelato “fallimentare” e spiegando: “Lo abolisco perchè è stata solo un’iniezione per i contratti provvisori. Su dieci contratti otto sono stati temporanei. Si tratta di lavoro a termine. Il Jobs Act a gennaio finirà e si esaurirà la sua azione”. Si era pensato che Forza Italia intendesse ritornare al passato, ma nelle ore successive, stamattina, le parole di Berlusconi sono state meglio precisate da una nota diffusa dalla segreteria del suo partito: “Le parole del presidente Berlusconi sono state fraintese. Quando saremo al governo non torneremo naturalmente al regime precedente, ma introdurremo strumenti più efficaci del Jobs Act per correggerne gli effetti distorsivi e incentivare le imprese a creare lavoro stabile”.

Berlusconi propone inoltre una riforma del sistema fiscale basata su una flat tax con aliquote ridotte a quelle minori previste oggi. Tradendo l’evidente emulazione del presidente americano Trump, afferma: “Pagare meno, pagare tutti. Si tratta di un sistema di grande semplicità con aliquote che non saranno superiori a quelle minori che ci sono oggi. È un sistema che ha portato molti vantaggi dove è stato realizzato. Negli Stati Uniti ha fatto aumentare le entrate e ha abbattuto l’evasione fiscale”. Più cauto, il fondatore di Forza Italia, si è invece espresso sulla questione delle pensioni e della legge Fornero, di cui intenderebbe modificare solo alcune parti: “Fornero ha ragione quando dice che non si può abolire tutta la legge, noi infatti intendiamo cancellare i provvedimenti iniqui del provvedimento. L’innalzamento dell’età pensionistica ha un senso ma non credo che sia giusto farlo da subito”.

Dal canto suo, il segretario del Partito Democratico Matteo Renzi reagisce così alla bordata contro il Jobs Act: “Sarà contento il nordest, il mondo produttivo, vorrei vedere che ne pensano gli imprenditori di tornare al mondo del lavoro del passato”. Esclude possibili “inciuci” fra il PD e Forza Italia e sul lato economico riconosce che “bisogna mettere più soldi in tasca alle famiglie”. Per Renzi “si possono ridurre le aliquote Irpef, ma se cinque sono tante, una sola è poca”, e ammette che sia necessario “aumentare la flessibilità in uscita dal lavoro” per favorire i pensionati.
Le schermaglie di questi giorni sono però solo l’inizio di una campagna elettorale che si preannuncia combattuta come poche altre nella storia dell’Italia repubblicana.

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